Buongiorno a tutti,

e buone feste.  Il Natale è stato certamente una occasione per stare insieme, e poco importa tra chi: amici, parenti, conoscenti, estranei.  Ma è anche stata l’occasione per uno scambio di doni.

Non so se è accaduto anche a voi, ma io mi sono interrogato spesso se, il tempo trascorso dalla infanzia ad oggi, abbia modificato il significato dei doni, del donare?!

Donare è certamente stata, in passato, un’azione asimmetrica: io dono non perché tu debba restituire ciò che hai ricevuto ma unicamente per il piacere di donare qualcosa a te! E proprio a Te! E’ una estrema azione di libertà. Padre Enzo Bianchi (Priore della comunità di Bose) così reclama il significato del “donare”:

“Donare significa per definizione consegnare un bene nelle mani di un altro senza ricevere in cambio alcunché. Bastano queste poche parole per distinguere il «donare» dal «dare», perché nel dare c’è la vendita, lo scambio, il prestito. Nel donare c’è un soggetto, il donatore, che nella libertà, non costretto, e per generosità, per amore, fa un dono all’altro, indipendentemente dalla risposta di questo. Potrà darsi che il destinatario risponda al donatore e si inneschi un rapporto reciproco, ma può anche darsi che il dono non sia accolto o non susciti alcuna reazione di gratitudine.”

In altre parole, donare  “.. è capax boni , è capax amoris , sa eccedere nel dare più di quanto sia tenuto a dare”.

E’ stata un’azione asimmetrica! Ma lo è ancora?

Per rimanere nell’ambito familiare, il più bel ricordo del donare è quello dei genitori nei confronti dei propri figli, soprattutto i più piccoli. Donano a loro con la certezza (almeno fino a quando i figli non verranno ben istruiti dalle pratiche commerciali) che non riceveranno nulla in cambio; ripagati solamente dalla felicità della sorpresa e dall’entusiasmo dei pargoli.

A questo proposito ho un ricordo personale impresso nella mia memoria: il Natale del 1966 o 1967 (chiedo perdono per l’incertezza). Le disponibilità economiche della famiglia stavano migliorando e ci si poteva permettere un regalo importante per l’ultimo arrivato che, all’epoca, aveva all’incirca 4 o 5 anni. Si trattava di un banco di scuola singolo con il piano ribaltabile: da un lato il banco sopra cui appoggiare libri e quaderni che, se rovesciato, diventava lavagna. Oltre a questo, il regalo veniva completato dagli immancabili mandarini, caramelle, ed altro ancora.

Babbo Natale, con al seguito gli elfi (mia sorella ed io) si accingeva a portare in camera il regalo affinché, al risveglio, il fratellino lo trovasse a fianco del letto. Un po’ per l’emozione ed un po’ per il carico, Babbo Natale scivolò salendo le scale di pietra e bagnate (era una vecchia casa colonica con accesso alle camere da scale esterne); tutto finì a terra ma Babbo Natale fece l’impossibile per salvare almeno il banco. Ci riuscì.  La sua emozione ed il timore di non poter consegnare il dono, a distanza di quasi sessant’anni, sono ancora stampati in modo indelebile nella mia memoria.

Oggi si provano ancora emozioni così intense? Difficile poterlo sostenere… nel corso del tempo donare si è confuso con “dare” senza avere il coraggio di ammettere che i significati sono radicalmente diversi e si sono trasfigurati senza nemmeno accorgercene. Poco per volta il dono si è trasformato in regalo; il regalo risponde a leggi completamente diverse.

Nel “donare” vige la legge della gratuità; nel “dare” si pensa a cosa potrò ricevere in cambio.  Si regala qualcosa per ricevere qualc0s’altro.

Le forme del dono possono rivestire significati diversissimi tra loro ma, temo, tutte o quasi ormai stravolte nel loro senso originario: dal dono fatto per dovere, a quello fatto per necessità e persino, a volte, per sbarazzarsi di oggetti inutili che affollano le nostre cantine ed armadi.  Non importa. Non è il caso di fare del moralismo.  Se nonostante tutto, il dono è rimasto nella tradizione allora significa che ancora un barlume di senso originario è rimasto. Una seppur minima traccia del vero significato c’è ancora.

E allora basta interrogarci un po’ di più per rintracciare la vera emozione che può scaturire dal “dono”.  Chiunque lo farà, troverà di certo anche molte risposte ai dubbi amletici che ci assalgono in queste circostanze: “ma cosa posso regalare a ….? ha già tutto!

Ciascuno di noi sa riconoscere il momento in cui riceve un “dono” in luogo di un “regalo”; allora aggrappiamoci a quei momenti e fantastichiamo … questo è certamente il momento in cui fantasticare è permesso.

Padre Enzo Bianchi definisce il “donare” un atto eversivo; eversivo perché chi dona “sa assumere i rischi” e nega la propria autosufficienza.

Mi sembra la migliore definizione possibile che desidero “donare” a chi avrà voglia di arrivare fino alla fine di questo articolo.

Un saluto

Zavoratti