Buongiorno a tutti,

qualche giorno fa Walter Siti scriveva un editoriale dal titolo “MEGLIO NETFLIX CHE IL DONBASS: IL DILEMMA DEL BENESSERE”. Titolo curioso per un editoriale; per di più firmato da Siti, come fai a non leggerlo?

Mi colpisce l’apertura del suo articolo che riporto: Questa guerra squilibrata è il sintomo che il mondo si sta riorganizzando intorno a due sfere di influenza: l’impero americano con l’Europa ancora incerta sul proprio grado di unificazione, insomma l’occidente, da una parte, e i due imperi orientali, russo e cinese, dall’altra.” 

Temo mi sia sfuggito qualcosa negli ultimi tempi perché non ho mai pensato alla Russia come ad un “impero” che avrebbe potuto competere con l’Occidente (addirittura) e tantomeno essere minaccioso. E’ però probabile che in difetto sia io.

Tuttavia, si tratta di una affermazione fatta da Walter Siti e non certamente da un uomo qualunque.  E allora provo a mettere a confronto almeno i PIL (2021) della Russia e dell’Italia con quelli dell’Europa:

  • PIL RUSSIA € 1.439,00 MLD
  • PIL ITALIA € 1.757,00 MLD
  • PIL EUROPA € 16.500 MLD (anno 2019)

Con questi dati è difficile pensare alla Russia addirittura come un “impero” che intende competere con l’Europa, l’America e la Cina.  Forse Siti ha confuso l’impero con l’idea di “imperialismo” che Putin ha o vorrebbe dare alla Russia.  Ma sono concetti assai diversi tra loro. Anche a voler pensare ad una Russia con mire zariste, gli unici Paesi nei confronti dei quali sarebbe in grado di esercitare una propria influenza (nefasta) potrebbero essere i Paesi dell’ex Unione Sovietica. E nemmeno tutti…

Ma allora occorre comprendere le ragioni che hanno indotto un uomo del peso culturale di Walter Siti ad un simile “scivolone”.  Purtroppo, però, dalla lettura del suo editoriale non rintracciamo altre indicazioni che ci permettano di comprendere le ragioni di simili affermazioni.

Siti prosegue l’articolo affrontando il tema dello sviluppo tecnologico che ha imposto un cambiamento radicale dell’immagine che l’uomo ha di sé. Assolutamente condivisile ma non certamente nuovo; Emanuele Severino prima e Umberto Galimberti poi, ci hanno ammonito (Severino) e continuano a farlo (Galimberti) da decenni.

Ancora un’affermazione difficilmente condivisibile L’occidente ha rimosso come in sogno la miseria e la morte, rifiutandosi di vederle proprio quando (con le pandemie e le disuguaglianze) crescevano nella realtà”.

Non sono certamente una persona affidabile nel fornire dati ufficiali e tuttavia mi risulta (ma potrei anche sbagliare) che la miseria nel mondo non sia in crescita. Dal rapporto CESVI  si rileva che nel 2021, la fame in tutto il mondo, rappresentata da un punteggio globale GHI di 17,9, è a un livello moderato, in calo rispetto a un punteggio GHI del 2000 di 28,2, classificato come grave. Dobbiamo essere felici di questo? Certo che no! La strada per raggiungere l’obiettivo di combattere fame e miseria nel mondo è ancora lontano. Ma non credo si sia aggravato! E allora cosa rimane delle affermazioni di Walter Siti?

L’Occidente ha rimosso la “morte”!   Ecco cosa rimane.  E’ non è cosa da poco! Anzi. Facciamo un gioco. Giochiamo con il metodo junghiano delle libere associazioni e mettiamo assieme la “morte” e “Netflix”:  non abbiamo niente da perdere a giocare. Cosa ci fa venire in mente? A me personalmente fa venire in mente il motivo per cui Netflix è famoso nel mondo: le serie televisive. Fatte bene. Anzi benissimo. Straordinariamente bene. E’ comprensibile perché molti (ragazzi e non solo) siano oramai dipendenti da Netflix. Ma non è tutto qui.  Abbiamo solamente sfiorato il problema.  Se siamo dipendenti da Netflix siamo dipendenti da cosa? Dal prodotto che propone. E quale prodotto propone.  Una serie televisiva, anzi, molte serie televisive dove tutta la gamma delle emozioni (qualunque sia la trama) è premasticata e proposta senza la necessità di alcuna elaborazione da parte dell’utente. In altre parole una omologazione delle emozioni. Compresa la morte. E se alla morte diamo il valore che viene dato alle altre emozioni, allora la morte non ha alcun valore! Non mi tocca. E’ una rappresentazione virtuale. Non produce ne sofferenza ne paura; se non produce ne sofferenza ne paura, l’uomo non ha la necessità di cambiare, di cercare altro, di evolversi; in altre parole tutte le emozioni hanno il medesimo valore e la mappa delle emozioni scompare: non è più necessario che io la costruisca dentro di me a partire almeno dall’adolescenza.

Riporto quanto scritto su questo tema da Umberto Galimberti in un vecchio articolo del 2009 ma sempre attuale “Lungo il percorso della loro vita questi ragazzi non hanno avuto occasione di mettere in contatto il cuore con la mente, la mente con il comportamento, e il comportamento con il riverbero emotivo che gli eventi del mondo incidono nel loro cuore. … E’ fallita l’educazione emotiva, e quindi la formazione del cuore come organo che, prima di ragionare, ci fa ‘sentire’ che cosa è giusto e che cosa non è giusto, chi sono io e che ci faccio al mondo.

In un altro articolo, più recente, sempre Galimberti a proposito della omologazione aveva a scrivere: “… l’omologazione non è più una condizione che può anche essere oltrepassata, ma l’unica condizione per poter vivere”.  E conclude lasciando poche speranze:  Qui la tecnica è già uscita dal suo ambito e ha invaso non solo il campo della sociologia, determinando il modo di comunicare nella società, ma anche il campo della psicologia, perché se il mondo reale non ha per noi più alcuna consistenza, visto che quello frequentato è solo il mondo in rete, è ovvio che quando si spegne il computer o il cellulare si prova un vuoto terribile, per cui occorre portare questi “mezzi di comunicazione” sempre con sé, ovunque si vada, quasi fossero un salvavita.”

A tacere del fatto che il processo di comprensione che passa attraverso la vista delle immagini è completamento diverso dal processo legato alla sequenza delle parole impresse nella mente attraverso la lettura.

“Guardare è più facile che leggere, per cui, come annotava Giovanni Sartori in “Homo videns. Televisione e post-pensiero” (Laterza), l’homo sapiens, capace di decodificare segni ed elaborare concetti astratti, finirà con l’essere soppiantato dall’homo videns, che non è portatore di un pensiero, ma fruitore di immagini, con conseguente impoverimento delle capacità di comprensione, ragionamento, giudizio critico”. “la concentrazione, il silenzio, la solitudine sono essenziali a chi legge, mentre si può guardare collettivamente, convivialmente, addirittura facendo altre cose”

Due processi che non possono essere equivalenti. La lettura dei “Promessi sposi” produce effetti diversi in ciascuno di noi. La vista di Ragnarok può piacere o meno ma non lascia nulla alla mia fantasia: mi fornisce tutto senza alternative.

E allora è facile comprendere perché quel giovane russo abbia dichiarato: “Non voglio il Donbass, ridatemi Netflix”.

Un saluto

Zavoratti