Buongiorno a tutti,
oggi desidero affrontare un tema sollecitato da un interessantissimo articolo firmato da Raffaele Alberto Ventura ed apparso sul quotidiano DOMANI di oggi. Il tema sviluppato da Ventura riguarda “il senso della politica” alla luce dei conflitti sorti e sviluppati dopo il COVID. Partiamo però da alcuni dati, (fonte Governo: allegato l’ultimo rapporto settimanale) prima di perderci e di scivolare in ragionamenti astratti:
- Persone con almeno una somministrazione: 47.063.898
- Persone che hanno completato il ciclo vaccinale: 45.564.348
- Persone che hanno ricevuto la dose addizionale: 858.186
- Persone che hanno ricevuto il richiamo (booster): 4.375.886
In altre parole, noi ci troviamo, da un lato con l’aumento costante delle persone che completano il ciclo vaccinale e, dall’altro, con un pressante aumento di questioni di “ordine pubblico, giuridico, morale e sociale”. Più il governo cerca di metterci al riparo dalle conseguenze del Covid 19, anche con limitazioni della nostra libertà, e più il conflitto con i non vaccinati aumenta. Qualcuno dovrà pur spiegare questa sorta di dicotomia cartesiana che sfocia in una polarizzazione delle posizioni?
Ci prova, e a mio avviso ci riesce, lo scrittore e saggista Raffaele Alberto Ventura, facendosi aiutare dall’ironia oltre che dalla logica. Il centro della speculazione astratta di Ventura che, peraltro, mi ha dato lo spunto per il titolo dell’articolo è il seguente:
<il miglior argomento che si possa fornire per difendere queste limitazioni è che, banalmente, ‘non c’è alternativa’. Ma è anche il peggiore perché, consegnando al calcolo tecnico una decisione che dovrebbe essere politica, svuota la democrazia della sua sostanza.> Mica bruscolini!!
Ci troviamo in una situazione di ipotetico conflitto: più l’ordinamento che regola il vivere comune e sociale diventa complesso e più si riduce il margine di libertà che, in altre parole, potremo chiamare “azione democratica” con la conseguenza che, necessariamente, crescerà il rischio di conflitti “tra le norme stesse” che potrebbe esplodere in un “crash”, per usare un termine attuale oppure in un “caos” se volessimo fare paragoni con il passato.
Passato che Ventura evoca proponendo due diverse similitudini: Eschilo e Shakespeare. Cito dal suo articolo:
“Nelle Coefore di Eschilo, Oreste è paralizzato dall’alternativa tra due doveri non-negoziabili: come può vendicare il padre se non gli è concesso di uccidere la madre? L’Atride opterà per il matricidio e verrà assolto dal tribunale delle Eumenidi. Andrà diversamente per il suo erede moderno, Amleto: nella tragedia di Shakespeare tutto degenera e finisce in una mattanza generalizzata.”
Cosa centrano Eschilo e Shakespeare con noi? Beh, dalla nascita della pandemia ad oggi, il rischio di un eventuale “crash” del nostro ordinamento lo abbiamo vissuto. Abbiamo ripetutamente sentito dire che “non c’è alternativa” alle riduzioni di libertà; abbiamo sentito dire che il principio di solidarietà è un principio non negoziabile che deve prevalere e che è alla base delle ripetute limitazioni della libertà. Tutto vero; eppure, qualche improvvisazione il nostro Governo l’ha dimostrata. Non si poteva fare altrimenti? La povertà della forza dell’uomo difronte alla catastrofe. Figuriamoci se Agamben e Cacciari non ci sguazzano nella melma generata da una simile crisi?!
Non ci resta che attendere il tempo in cui la crisi terminerà. Conteremo le vittime; non solamente quelle che disgraziatamente hanno perduto la vita ma anche quelle che la loro vita l’hanno modificata; alcuni consapevolmente, altri meno, altri ancora, per niente. Auguriamoci che il sereno dopo la tempesta porti a rivedere tutti i parametri del vivere civile e sociale perché quelli di cui disponiamo ora non permettono di affrontare e risolvere “crash-test” come quello che abbiamo vissuto.
Qualunque contributo potrebbe essere utile al dabattito.
Un saluto.
Zavoratti
https://www.lucioberno.it/wp-content/uploads/2021/11/211119_Report_Settimanale.pdf
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