Buongiorno a tutti,

provo ad affrontare anch’io il tema del Ddl ZAN ed il gran clamore che sta suscitando, purtroppo unicamente sui canali di comunicazione; clamore che, francamente, mi ha convinto alludere a ben altro che il contenuto del Ddl.

Provo a partire da quanto sostenuto da Luca Ricolfi in un suo intervento del 1° luglio scorso e pubblicato dal sito on line SIR Agenzia di informazione. Luca Ricolfi, noto sociologo di sinistra, ha ritenuto (giustamente) di portare il suo contributo al tema. In sostanza, avverte Ricolfi, l’idea di continuare a difendere “le minoranze” produrrà ulteriori discriminazioni; continua: “Il rischio è che, a forza di moltiplicare le minoranze protette, si creino nuove discriminazioni rispetto a chi non è protetto dall’ombrello di alcuna minoranza”. Ma c’è di più: “la lista delle minoranze meritevoli di attenzione è arbitraria e potenzialmente illimitata. Così facendo, anziché proteggere la persona e giudicare la gravità di un comportamento in base alle circostanze in cui avviene, noi forniamo scudi alla persona in funzione della sua appartenenza, dunque non tuteliamo una persona ma una categoria”.

L’onesta intellettuale di Ricolfi è fuori discussione; il suo monito ha certamente un senso e pone una attenzione da non sottovalutare. Ma allora sento il dovere di fare alcune domande:

  • Rubare un orologio o rubare un oggetto “sacro”, sotto l’aspetto penale è la medesima cosa? NO. Eppure sempre di furto si tratta. L’art. 624 cp ne prevede la punizione e l’art. 625 l’aggravante; (e non mi pare che gli oggetti sacri possano rientrare nel novero delle cosiddette “minoranze” da proteggere; consiglierei anche la lettura de I MISERABILI di V. Hugo che sul tema del furto di oggetti sacri scrive alcune tra le pagine più belle della letteratura.
  • Spezzare le ossa ad una donna è punito nello stesso modo se quella donna è tua moglie? NO. Eppure sempre di ossa rotte si tratta. Anche in questo caso, non mi pare si possa parlare di “minoranze” da proteggere. Tuttavia, se non ci fosse stata la legge del 2013 sul femminicidio che prevede anche in assenza di querela, che il questore possa procedere all’ammonimento dell’autore del fatto nei casi in cui alle forze dell’ordine siano segnalati in forma non anonima fatti riconducibili ai delitti di percosse e lesioni personali aggravate consumate o tentate, nell’ambito di violenza domestica. L’ammonimento, quindi, è stato esteso ad ogni forma di violenza perpetrata tra le mura domestiche; un’arma in più per combattere la violenza sulle donne.  Sul tema consiglio di leggere lo straordinario articolo del giurista Luigi TESTA pubblicato dal quotidiano DOMANI domenica 27 giugno scorso

Sono certo che tra i lettori ci saranno avvocati ed addetti ai lavori che potrebbero completare l’elenco ben più agevolmente di me che avvocato non sono e nemmeno addetto ai lavori.  Ma allora, forse, Luca Ricolfi non ha colto l’essenza del Ddl: non si tratta di tutela le minoranze; si tratta di individuare un eventuale AGGRAVANTE!  L’aggravante di un “odio” non come persona ma come persona “omosessuale”;  spiace che al grande Luca Ricolfi sembra essere sfuggita questa deriva.  Ma non essendo un esperto, potrei anche sbagliare.

Credo, tuttavia, che il culmine della mistificazione sia stato raggiunto dal giornalista F. Borgonovo nella trasmissione “in onda” su LA7 del 23 giugno scorso che intervenendo sul tema lamentava l’assurdità di una legge contro l’omotransfobia quale emergenza inesistente perché i casi denunciati, dall’OSCAD (Osservatorio del Ministero dell’Interno) ne denuncia solamente 35 all’anno mediamente; si consiglia Borgonovo di sentire anche altre associazioni; magari l’Arcigay!

Facciamo tutti il tifo per Francesco Borgonovo, vista la giovante età, affinché trovi il tempo per leggere e studiare la straordinaria storia d’Italia; ma non quella che va dall’unità del 1861 bensì quella più recente; quella fatta da persone, gruppi, movimenti (molto spesso erano solo di donne) che hanno lottato per l’affermazione di principi che oggi ci portano ad essere un Paese evoluto e possono permettere anche a persone impreparatissime ed in malafede di poter esprimere i loro sacrosanti pensieri.

Di tutte queste esperienze forse è il caso di ricordare almeno quella vissuta ed interpretata per tutti noi da TINA LAGOSTENA BASSI attraverso il famoso processo del CIRCEO. Ha segnato con la sua attività la storia civile e giudiziaria di questo paese lasciando un’impronta indelebile nella difesa dei diritti delle donne, culminata con l’approvazione della legge sulla violenza sessuale nel 1996.  Divenne famosa per essere stata la prima avvocatessa a pronunciare in un’aula di tribunale la parola ‘stupro’ – durante il processo sul massacro del Circeo dove difese Donatella Colasanti. Poi, nel 1979, le riprese effettuate nel corso di un nuovo processo confluirono in un documentario che divenne un caso mediatico: “Processo per stupro”, seguito sulla Rai da oltre 13 milioni di telespettatori (Festival di Berlino, Prix Italia, conservato al MOMA di New York). I suoi racconti, asciutti e dettagliati, di quello che molte ragazze subivano rivoluzionarono non solo la visione della donna e della sua dignità, ma anche il linguaggio usato fino ad allora in tribunale. Con la legge n. 66 del 15 febbraio 1996, “Norme contro la violenza sessuale“, si afferma il principio per cui lo stupro è un crimine contro la persona, che viene coartata nella sua libertà sessuale, e non contro la morale pubblica.

L’iter del provvedimento fu lungo e difficile. La prima proposta risale al 1977. Nel 1979 si costituisce un Comitato promotore formato da gruppi e associazioni femministe che, nel 1980, presenta una proposta popolare con 300.000 firme. Successivamente, un progetto nel 1987, un’altra proposta nel 1995. Di fondamentale importanza, il principio che la sessualità è un diritto della persona, che ne è titolare, togliendolo così al patrimonio collettivo del buon costume e a eventuali valutazioni “moralistiche”; la procedibilità a querela irrevocabile entro sei mesi; la riservatezza delle vittime; l’introduzione del reato di stupro di gruppo. Si arriva alla legge solamente nel 1996.  Ma avete idea di quali forze si siano allora messe in moto per far affossare la legge? Chiesa cattolica compresa!  Perché non provate a leggere la stampa di quel periodo?  Ci sono anche dei volumi ancora in circolazione. Chiesa cattolica compresa!

Non è cambiato NULLA! Oggi come allora! La legge contro l’omotransfobia esattamente come la legge contro la violenza sessuale sulle donne!

A ben guardare, però, oggi una novità c’è. E non di poco conto.  Fratelli d’Italia e Lega hanno sottoscritto un patto tra sovranisti.  Cosa c’entra, sarete portati a pensare?!  C’entra! C’entra! Ma cosa dice questo patto.  L’assunto da cui parte la dichiarazione riguarda la cooperazione europea, che a parere dei firmatari sta “vacillando“. Motivo per cui servirebbe una “profonda riforma”, poiché l’Ue starebbe “diventando sempre più uno strumento di forze radicali che vorrebbero realizzare una trasformazione culturale e religiosa”. Al contrario, nella visione sovranista l’Ue dovrebbe basarsi “sulle tradizioni, sul rispetto della cultura e della storia degli Stati europei, dell’eredità giudaico-cristiana” e sui valori della “famiglia e dell’unità delle nazioni”.

Eccoci arrivati al punto. Smascherati i “furbetti” che volevano farci credere che il Ddl ZAN non andava bene perché nella sostanza:

  • Eliminava il diritto di opinione
  • Promuoveva la giornata contro l’omotransfobia

Una beata ceppa!!! Il Ddl ZAN va affossato perché non può passare il principio affermato da questa minoranza (che poi tanto minoranza non è: basterebbe leggere i due rapporti KINSEY del 1948 e 1953 per tranquillizzare la Meloni e Salvini ma anche qualcun altro)  di una possibile famiglia diversa da quella tanto desiderata ed auspicata dai sovranisti, alla base della loro idea di nazione: Dio, Patria e Famiglia!    Abbiamo già dato, grazie! Vi ricordate come è andata a finire? E’ ora di voltare pagina!

Perché abbia atteso così tanto prima di affrontare questo tema, francamente non lo so. Ho pensato che le schermaglie tra le diverse forze politiche potessero essere, in realtà, un materiale interessante per la discussione e l’approfondimento; per la conoscenza e la crescita.  E invece temo che la sinistra, questa sinistra, così ripiegata su se stessa e senza uno sguardo lungo sul futuro della società, sembra quasi estranea al dibattito al di la di qualche riconoscimento di rito; sembra non voglia disturbare il manovratore. Ma anche le donne sembrano estranee a questo argomento; eppure dovrebbero essere loro le prime a sostenere questo Ddl non foss’altro perché le coinvolge in prima persona; e magari anche perché ci sono stati gruppi (anche di omosessuali) che hanno lottato a fianco delle donne per la legge contro lo stupro.  Oggi dove sono queste donne? Nella stragrande maggioranza pensano alla loro professione che finalmente hanno raggiunto e giustamente conquistato (anche se non ricordano più “anche” grazie a chi hanno ottenuto queste conquiste).

Tutto questo è da un lato estremamente istruttivo e dall’altro anche piuttosto doloroso. L’affermazione di un diritto civile non passa attraverso un confronto alto, intelligente, colto, costruttivo; passa invece nei talk show (i giornali non li legge più nessuno) il tutto concentrato in più o meno 30 minuti con un confronto tra una persona a favore ed una contro e con la speranza che ci scappi anche qualche “bagarre” così da incrementare lo share della trasmissione.

Come vada a finire questa vicenda a livello legislativo non lo so; forse lo posso immaginare.  Ma questa vicenda costringerà a segnare molti rapporti personali che non potranno più rimanere in superficie ma imporranno delle prese di coscienza; delle scelte.   Io credo di avere il diritto di sapere se le persone che Ti stanno vicine appoggiano o rifiutano le idee sovraniste; Accettano o rifiutano di lottare per l’integrazione;  Accettare o rifiutare quelle idee significa accettare o rifiutare anche TE.

Un saluto.

Zavoratti