Buongiorno a tutti,

sento il dovere di tornare sul tema del Ddl ZAN a seguito delle innumerevoli polemiche che il dibattito si sta portando dietro. Polemiche che, secondo alcuni analisti nascondono strategie politiche che a noi umani non è dato comprendere. Forse. Anzi, è quasi certo; accade spesso in politica che si parli a nuora perché suocera intenda. E tuttavia la qualità del dibattito ha assunto toni di una modestia persino irritante. Possibile che a nessuno venga in mente di chiedere il parere di psicoanalisti e filosofi come Umberto Galimberti, Romano Madera, Simona Argentieri, Luigi Ballerini, Vittorio Lingiardi solo per citare quelli a me noti?

La “destra” quella politica con il contributo del partito di Renzi, intende abrogare l’art. 1 del Ddl ZAN ed in particolare non si riconosce nel termine “identità” in esso introdotto.  Per farci una idea corretta di ciò che la destra vuole abrogare, riporto per intero l’articolo in questione:

Art. 1.

(Definizioni)

  1. Ai fini della presente legge:
  2. per sesso si intende il sesso biologico o anagrafico;
  3. per genere si intende qualunque manifestazione esteriore di una persona che sia conforme o contrastante con le aspettative sociali connesse al sesso;
  4. per orientamento sessuale si intende l’attrazione sessuale o affettiva nei confronti di persone di sesso opposto, dello stesso sesso, o di entrambi i sessi;
  5. per identità di genere si intende l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione.

Lo dico senza ironia ma sarei molto felice di poter ascoltare il pensiero di taluni esponenti politici (la quasi totalità) confrontarsi sulle differenze tra “genere”, “orientamento” e “identità di genere”.  Credo che questo desiderio resterà deluso. E quand’anche ci fosse un confronto su questi termini, il confronto avverrebbe tra persone con le stesse identiche (in) capacità.   La dimostrazione è sotto gli occhi di tutti. Nessuno dei commentatori entra nel merito di questi concetti.  La ragione? Ignoranza!

Eppure, noi abbiamo delegato alla “ignoranza” il diritto di indirizzare la nostra vita, di regolare tutti i nostri rapporti, di normare il vivere civile. Ma in questo caso non abbiamo delegato la politica a normare l’uso del denaro contante o la valuta elettronica o l’espatrio con o senza green pass; gli abbiamo fornito la delega di dire se un gruppo di persone hanno o meno il diritto alla propria “identità”!

Sarebbe un errore pensare alla “identità” come un sostantivo di esclusivo interesse sessuale.  Basterebbe qualche onesta lettura per sapere che quando usiamo il termine “identità” esso ha un significato enorme e universale.  E allora mi faccio aiutare da Primo Levi: “Per vivere occorre un’identità, ossia una dignità” a cui fa eco Vittorio Lingiardi che a commento dell’affermazione di P. Levi scrive: L’identità di una persona non può essere mai separata dalla sua dignità. La rottura di questo nesso ci precipita nell’indegnità, nell’essere ‘non persone’ bersagli dell’odio sociale e del disgusto politico”.

Queste cose V. Lingiardi le scriveva nel 2019 in “Io, Tu, Noi” ed. UTET ma sembrano adattarsi alla perfezione a chiosa del dibattito politico odierno. (Vittorio Lingiardi è uno psichiatra, psicoanalista e accademico italiano, professore ordinario di Psicologia dinamica presso la Facoltà di Medicina e Psicologia dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”)

In altre parole, chi nega l’identità alle persone omosessuali nega loro la “dignità”. E perché si vuole negare la dignità ad un gruppo di persone? E perché proprio a quel “gruppo” di persone?! Forse perché non è vero che siamo tutti uguali: qualcuno lo è un po’ di meno.

La risposta però non mi convince; e, comunque, non mi sembra né sufficiente né completa. La necessità di confermare se stessi attraverso un capro espiatorio ha origini antiche:  anni fa il capro espiatorio erano i meridionali (a cui non si doveva nemmeno affittare la casa; qualcuno se lo ricorda? Io si!); poi sono venuti gli albanesi prima e i migranti in genere poi (che hanno mantenuto in vita migliaia e migliaia di imprese, ma finito il turno di lavoro li si preferiva rinchiusi in casa); oggi, invece, il capro espiatorio sono le minoranze sessuali: omosessuali, lesbiche, bisessuali, transessuali, etc.

Anche di queste motivazioni, certamente vere, non soddisfano l’urgenza di chiarezza e comprensione. Credo che la risposta al quesito “perché negare la dignità?” alla minoranza LGTB debba essere rintracciata nella necessità di creare una “identità” di élite.

In pratica, si sta parlando dell’identità uscita dall’appello sovranista sottoscritto qualche giorno fa da due politici italiani ed un’altra quindicina sparsa in tutta Europa.  Se leggete attentamente quell’appello, l’Europa auspicata da questi paladini è una Europa parente di quella “ariana” vagheggiata da un altro politico all’incirca 90 anni fa. In quella vera e propria carta dei valori dei sovranisti si legge: “…Siamo convinti che la cooperazione delle nazioni europee dovrebbe essere basata sulle tradizioni, il rispetto della cultura e della storia degli stati europei, sul rispetto dell’eredità giudaico-cristiana dell’Europa e sui valori comuni che uniscono le nostre nazioni, e non puntando alla loro distruzione…” e ancora: “…Riaffermiamo la nostra convinzione che la famiglia è l’unità fondamentale delle nostre nazioni. In un momento in cui l’Europa sta affrontando una grave crisi demografica con bassi tassi di natalità e invecchiamento della popolazione, la politica a favore della famiglia dovrebbe essere la risposta rispetto all’immigrazione di massa…”

Ecco, forse, le ragioni del rifiuto all’identità e soprattutto alla “dignità”: se attribuisci dignità al gruppo LGTB come puoi accreditare la tesi che è la famiglia l’unico e vero fondamento dell’Europa?  Manca ancora qualcosa per avere una risposta veramente completa. Una risposta alla domanda: “perché tutto questo?”

Queste persone (quelle che negano l’identità/dignità) non si rendono minimamente conto che il livello del confronto ha maturato un grande risultato: l’enorme sviluppo degli Haters. Figure, queste, che alimentano il web e quindi la società, con la creazione dell’odio. Ancora dal testo di V. Lingiardi: “L’hater attacca le donne perché teme la loro libertà e indipendenza; attacca le persone gay e lesbiche perché sa che il cammino dei loro diritti e della loro cittadinanza non può essere fermato; attacca i migranti perché sa che sono un fenomeno storico imponente che non può essere semplicemente respinto alzando muri o chiudendo porti. … Si alza la voce perché non si possiedono strumenti culturali e politici per affrontare fenomeni e trasformazioni epocali”.  Si alza la voce … per ignoranza! Per PAURA!

E’ a questa gente che abbiamo fornito la delega del nostro vivere comune!  Forse è arrivato il momento di tornare indietro. E riflettere …che ne pensate?

Un saluto

Zavoratti