Buongiorno a tutti,

domani arriverà in Parlamento la bozza definitiva del PNRR per l’approvazione che dovrà avvenire entro giovedì, per poi essere trasmessa in tempo utile (data ultima il 30 aprile) all’Unione Europea. Il documento arriverà puntuale alle camere sebbene più di qualcuno, dentro e fuori la maggioranza, abbia “gufato” perché ciò non avvenisse! Capiremo mai i confini della stupidità umana?

Ho ritenuto di allegare il testo della bozza definitiva perché penso si tratti di uno di quei momenti che la storia (forse andrebbe scritta con la S maiuscola) ci chiama, tutti, ad affrontare e condividere solidalmente. Più di qualcuno non riuscirà a nascondere un sorriso ironico; lo comprendo.  E tuttavia, non possiamo più fare finta di non sapere di cosa si tratti; non possiamo, in altre parole, delegare sempre ad altri. Siamo chiamati, ciascuno per proprio conto e nei limiti delle proprie possibilità … e anche oltre, a fornire il nostro contributo.

Per semplificare la lettura, ho pensato di riportare nell’articolo, unicamente la PREMESSA di Mario Draghi al PNRR, lasciando poi a ciascuno, la volontà di approfondire, anche solamente “il o i” temi più interessanti, che potrete agevolmente individuare dall’indice. Ecco il testo di Mario Draghi:

PREMESSA
La pandemia di Covid-19 ha colpito l’economia italiana più di altri Paesi europei. Nel
2020, il prodotto interno lordo si è ridotto dell’8,9 per cento, a fronte di un calo nell’Unione
Europea del 6,2. L’Italia è stata colpita prima e più duramente dalla crisi sanitaria. Le iniziali
chiusure locali sono state disposte a febbraio 2020, e a marzo l’Italia è stata il primo paese
dell’UE a dover imporre un lockdown generalizzato. Ad oggi sono stati registrati oltre
110.000 decessi ufficiali dovuti al Covid-19, che rendono l’Italia il Paese che ha subito la
maggior perdita di vite nell’UE.
La crisi si è abbattuta su un Paese già fragile dal punto di vista economico, sociale ed
ambientale. Tra il 1999 e il 2019, il PIL in Italia è cresciuto in totale del 7,9 per cento. Nello
stesso periodo in Germania, Francia e Spagna, l’aumento è stato rispettivamente del 30,2,
del 32,4 e 43,6 per cento. Tra il 2005 e il 2019, il numero di persone sotto la soglia di
povertà è salita dal 3,3 per cento al 7,7 per cento della popolazione – prima di aumentare
ulteriormente nel 2020 fino al 9,4 per cento.
Ad essere particolarmente colpiti sono stati donne e giovani: l’Italia è il Paese dell’UE
con il più alto tasso di giovani tra i 15 e i 29 anni non impegnati nello studio, nel lavoro o
nella formazione (NEET), e il tasso di partecipazione delle donne al lavoro in Italia è solo il
53,1 per cento, molto al di sotto del 67,4 per cento della media europea. Questi problemi
sono ancora più accentuati nel Mezzogiorno, dove il processo di convergenza con le aree
più ricche del Paese è ormai fermo.
L’Italia è particolarmente vulnerabile ai cambiamenti climatici e, in particolare,
all’incremento delle ondate di calore e delle siccità. Le zone costiere, i delta e le pianure
alluvionali risentono degli effetti legati all’incremento del livello del mare e delle
precipitazioni intense. Secondo le stime dell’Istituto Superiore per la Protezione e la
Ricerca Ambientale (Ispra), nel 2017 il 12,6 per cento della popolazione viveva in aree
classificate ad elevata pericolosità di frana o soggette ad alluvioni, con un complessivo
peggioramento rispetto al 2015. Dopo una forte discesa tra il 2008 e il 2014, le emissioni
pro capite di gas clima-alteranti in Italia, espresse in tonnellate equivalenti, sono rimaste
sostanzialmente inalterate nel 2019.
Dietro l’incapacità dell’economia italiana di tenere il passo con gli altri paesi avanzati
europei e di correggere i suoi squilibri sociali ed ambientali, c’è l’andamento della
produttività, molto più lento in Italia che nel resto d’Europa. Negli ultimi vent’anni, dal 1999
al 2019, il PIL per ora lavorata in Italia è cresciuto del 4,2 per cento, mentre in Francia e
Germania è aumentato rispettivamente del 21,2 e del 21,3 per cento. La produttività
totale dei fattori, un indicatore che misura il grado di efficienza complessivo di
un’economia, è diminuita del 5,8 per cento tra il 2001 e il 2019, a fronte di un generale
aumento a livello europeo. 5
Tra le cause del deludente andamento della produttività c’è l’incapacità di cogliere le
molte opportunità legate alla rivoluzione digitale. Questo ritardo è dovuto sia alla
mancanza di infrastrutture adeguate, sia alla struttura del tessuto produttivo italiano,
caratterizzato da una prevalenza di piccole e medie imprese, che sono state spesso lente
nel muoversi verso produzioni di più alto valore aggiunto.
La scarsa familiarità con le nuove tecnologie digitali caratterizza d’altronde anche il
settore pubblico. Prima dello scoppio della pandemia, il 98,8 percento dei dipendenti
dell’amministrazione pubblica in Italia non aveva mai utilizzato il lavoro agile. Anche
durante la pandemia, a fronte di un potenziale di lavoro agile nei servizi pubblici pari a
circa il 36 per cento, l’utilizzo effettivo è stato del 33 per cento, con livelli più bassi, di circa
10 punti percentuali, nel Mezzogiorno.
Questi ritardi sono in parte legati al calo degli investimenti pubblici e privati, che
hanno rallentato i necessari processi di modernizzazione della pubblica amministrazione,
delle infrastrutture e delle filiere produttive. Nel ventennio 1999-2019 gli investimenti
totali in Italia sono cresciuti del 66 per cento a fronte del 118 per cento nella zona euro.
In particolare, mentre la quota di investimenti privati è aumentata, quella degli
investimenti pubblici è diminuita, passando dal 14,5 per cento degli investimenti totali nel
1999 al 12,7 per cento fino al 2019.
Le riforme strutturali sono essenziali per migliorare la qualità della spesa da parte
delle amministrazioni pubbliche e incoraggiare i capitali privati verso investimenti e
innovazione. Un recente studio della Banca d’Italia trova che le riforme introdotte
nell’ultimo decennio in materia di giustizia civile, liberalizzazione dei servizi e incentivi
all’innovazione hanno contribuito ad accrescere il PIL nel 2019 di una percentuale tra il 3
per cento e il 6 per cento, con ulteriori effetti previsti nel decennio successivo. È un
impatto significativo, che può essere ulteriormente rafforzato con una nuova agenda di
semplificazioni.
Questi problemi rischiano di condannare l’Italia a un futuro di bassa crescita da cui
sarà sempre più difficile uscire. La storia economica recente dimostra, tuttavia, che l’Italia
non è necessariamente destinata al declino. Nel secondo dopoguerra, durante il miracolo
economico, il nostro Paese ha registrato tassi di crescita del PIL e della produttività tra i
più alti d’Europa. Tra il 1950 e il 1973, il PIL per abitante è cresciuto in media del 5,3 per
cento l’anno, la produzione industriale dell’8,2 per cento e la produttività del lavoro del 6,2
per cento. In poco meno di un quarto di secolo l’Italia ha portato avanti uno straordinario
processo di convergenza verso i paesi più avanzati e il reddito medio degli italiani è
passato dal 38 al 64 per cento di quello degli Stati Uniti e dal 50 all’88 per cento di quello
del Regno Unito.
Tassi di crescita cosi eccezionali sono legati ad aspetti peculiari di quel periodo, in
primo luogo la ricostruzione post-bellica e l’industrializzazione di un Paese ancora in larga 6
parte agricolo, ma mostrano anche il ruolo trasformativo che investimenti innovazione e
apertura internazionale possono avere sull’economia di un Paese.
Il Programma Next Generation EU
L’Unione Europea ha risposto alla crisi pandemica con il Next Generation EU (NGEU).
È un programma di portata e ambizione inedite, che prevede investimenti e riforme per
accelerare la transizione ecologica e digitale; migliorare la formazione delle lavoratrici e
dei lavoratori; e conseguire una maggiore equità di genere, territoriale e generazionale.
Per l’Italia il NGEU rappresenta un’opportunità imperdibile di sviluppo, investimenti e
riforme. L’Italia deve modernizzare la sua pubblica amministrazione, rafforzare il suo
sistema produttivo e intensificare gli sforzi nel contrasto alla povertà, all’esclusione sociale
e alle disuguaglianze. Il NGEU può essere l’occasione per riprendere un percorso di
crescita economica sostenibile e duraturo rimuovendo gli ostacoli che hanno bloccato la
crescita italiana negli ultimi decenni.
L’Italia è la prima beneficiaria, in valore assoluto, dei due principali strumenti del
NGEU, il Dispositivo per la Ripresa e Resilienza (RRF) e il Pacchetto di Assistenza alla
Ripresa per la Coesione e i Territori di Europa (REACT-EU). Il solo RRF garantisce risorse
per 191,5 miliardi di euro, da impiegare nel periodo 2021-2026, delle quali 68,9 miliardi
sono sovvenzioni a fondo perduto. L’Italia intende inoltre utilizzare appieno la propria
capacità di finanziamento tramite i prestiti della RRF, che per il nostro Paese è stimata in
122,6 miliardi.
Il dispositivo RRF richiede agli Stati membri di presentare un pacchetto di investimenti
e riforme – il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Questo piano, che si articola
in 6 Missioni e 16 Componenti, beneficia della stretta interlocuzione avvenuta in questi
mesi con il Parlamento e con la Commissione Europea, sulla base del Regolamento RRF.
Le sei Missioni del Piano sono: digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura;
rivoluzione verde e transizione ecologica; infrastrutture per una mobilità sostenibile;
istruzione e ricerca; inclusione e coesione; salute. Il Piano è in piena coerenza con i sei
pilastri del NGEU e soddisfa i parametri fissati dai regolamenti europei, con una quota di
progetti ‘verdi’ pari al 38 per cento del totale e di progetti digitali del 25 per cento.
Il 40 per cento circa delle risorse del Piano sono destinate al Mezzogiorno, a
testimonianza dell’attenzione al tema del riequilibrio territoriale. Il Piano è fortemente
orientato all’inclusione di genere e al sostegno all’istruzione, formazione e occupazione
dei giovani e contribuisce a ciascuno dei sette progetti di punta (European flagships) della
Strategia annuale sulla crescita sostenibile dell’UE. Gli impatti ambientali indiretti sono
stati valutati e la loro entità minimizzata in linea col principio del “non arrecare danni
significativi” all’ambiente (“do no significant harm” – DNSH) che ispira il NGEU. 7
Il Piano comprende un ambizioso progetto di riforme. Il governo intende attuare
quattro importanti riforme di contesto – pubblica amministrazione, giustizia,
semplificazione della legislazione e promozione della concorrenza. Inoltre, sono previste
iniziative di modernizzazione del mercato del lavoro; di rafforzamento della concorrenza
nel mercato dei prodotti e dei servizi. È prevista infine una riforma fiscale, che affronti
anche il tema delle imposte e dei sussidi ambientali.
La riforma della pubblica amministrazione migliora la capacità amministrativa sia a
livello centrale che locale; rafforza i processi di selezione, formazione e promozione dei
dipendenti pubblici; e incentiva la semplificazione e la digitalizzazione delle procedure
amministrative. Si basa su una forte espansione dei servizi digitali, negli ambiti dell’identità,
dell’autenticazione, della sanità e della giustizia. L’obiettivo è una marcata
sburocratizzazione per ridurre i costi e i tempi che attualmente gravano su imprese e
cittadini.
La riforma della giustizia ha l’obiettivo di affrontare i nodi strutturali del processo civile
e penale e rivedere l’organizzazione degli uffici giudiziari. Nel campo della giustizia civile si
semplifica il rito processuale, in primo grado e in appello, e si implementa definitivamente
il processo telematico. Il governo predispone inoltre interventi volti a riformare i
meccanismi di riscossione e a ridurre il contenzioso tributario e i tempi della sua
definizione. In materia penale, il governo intende riformare la fase delle indagini e
dell’udienza preliminare; ampliare il ricorso a riti alternativi; rendere più selettivo
l’esercizio dell’azione penale e l’accesso al dibattimento; definire termini di durata dei
processi.
La riforma finalizzata alla razionalizzazione e semplificazione della legislazione abroga
o revisiona leggi e regolamenti che ostacolano eccessivamente la vita quotidiana dei
cittadini, le imprese e la pubblica amministrazione. La riforma interviene sulle leggi in
materia di pubbliche amministrazioni, di contratti pubblici, su norme che sono di ostacolo
alla concorrenza, su regole che hanno facilitato frodi o episodi corruttivi. È potenziato il
Dipartimento affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio e presso la
Presidenza viene costituito un apposito Ufficio per la razionalizzazione e semplificazione
delle leggi e dei regolamenti, per permettere una continuità di proposte e di interventi nel
processo di semplificazione normativa.
Un fattore essenziale per la crescita economica e l’equità è la promozione e la tutela
della concorrenza. La concorrenza non risponde solo alla logica del mercato, ma può
anche contribuire ad una maggiore giustizia sociale. La Commissione europea e l’Autorità
garante della concorrenza e del mercato, nella loro indipendenza istituzionale, svolgono
un ruolo efficace nell’accertare e nel sanzionare cartelli tra imprese, abusi di posizione
dominante e fusioni o acquisizioni di controllo che ostacolano sensibilmente il gioco
competitivo. Il governo s’impegna a presentare in Parlamento il disegno di legge annuale
per il mercato e la concorrenza, o comunque a approvare norme che possano agevolare 8
l’attività d’impresa in settori strategici, come le reti digitali, l’energia e i porti. Alcune di
queste norme sono già individuate nel Piano, ad esempio il completamento degli obblighi
di gara per i regimi concessori oppure la semplificazione delle autorizzazioni per la
realizzazione degli impianti di gestione dei rifiuti. Il Governo si impegna inoltre a mitigare
gli effetti negativi prodotti da queste misure e a rafforzare i meccanismi di
regolamentazione. Quanto più si incoraggia la concorrenza, tanto più occorre rafforzare
la protezione sociale.
Il Governo ha predisposto uno schema di governance del Piano che prevede una
struttura di coordinamento centrale presso il Ministero dell’Economia. Questa struttura
supervisiona l’attuazione del piano ed è responsabile dell’invio delle richieste di
pagamento alla Commissione Europea, invio che è subordinato al raggiungimento degli
obiettivi previsti. Accanto a questa struttura di coordinamento, agiscono una struttura di
valutazione e una struttura di controllo. Le amministrazioni sono invece responsabili dei
singoli investimenti e delle singole riforme; inviano i loro rendiconti alla struttura di
coordinamento centrale, per garantire le successive richieste di pagamento alla
Commissione Europea. Il governo costituirà anche delle task force locali che possano
aiutare le amministrazioni territoriali a migliorare la loro capacità di investimento e a
semplificare le procedure. La supervisione politica del piano è affidata a un comitato
istituito presso la Presidenza del Consiglio a cui partecipano i ministri competenti.
Il governo stima che gli investimenti previsti nel piano avranno un impatto significativo
sulle principali variabili macroeconomiche e sugli indicatori di inclusione, equità e sviluppo
sostenibile (SDGs). Nel 2026, l’anno di conclusione del Piano, il prodotto interno lordo sarà
di almeno 3,6 per cento più alto rispetto all’andamento tendenziale e l’occupazione di
quasi 3 punti percentuali. Gli investimenti previsti nel Piano porteranno inoltre a
miglioramenti marcati negli indicatori che misurano la povertà, le diseguaglianze di
reddito e l’inclusione di genere, e un marcato calo del tasso di disoccupazione giovanile.
Il programma di riforme potrà ulteriormente accrescere questi impatti.
Il PNRR è parte di una più ampia e ambiziosa strategia per l’ammodernamento del
Paese. Il governo intende aggiornare e perfezionare le strategie nazionali in tema di
sviluppo e mobilità sostenibile; ambiente e clima; idrogeno; automotive; filiera della salute.
L’Italia deve combinare immaginazione e creatività a capacità progettuale e concretezza.
Il governo vuole vincere questa sfida e consegnare alle prossime generazioni un Paese
più moderno, all’interno di un’Europa più forte e solidale.

Mario Draghi

Mi piacerebbe sapere che in molti sono interessati a conoscere il proprio futuro, oltre a quello indicato dalle stelle, anche quello determinato dagli uomini.

Un saluto.

Luc

https://www.lucioberno.it/wp-content/uploads/2021/04/PNRR-Italia-23-Aprile-2020-R.pdf