Buongiorno,

tre grandi rivoluzioni hanno avuto origine e si sono sviluppate in quello che viene definito il “secolo breve”. Le ricordiamo unicamente per dovere di cronaca anche se a tutti sono note:

  1. La rivoluzione di ottobre; fase ultima di una rivoluzione che ha avuto inizio nel febbraio del 1917 e che si è compiuta dapprima con il crollo e smantellamento dell’impero russo ma che ha visto come atto ultimo l’instaurazione del regime sovietico ad opera di Lenin e Trockij. Quanti i morti? All’incirca 2,5 milioni a seconda delle stime: una metà per fame e l’altra metà (tra rossi e bianchi) per i combattimenti.
  2. La rivoluzione femminista; il grande cambiamento che ha avuto inizio nel XIX secolo ma ha trovato il suo culmine nel 1968; anno dal quale la rivoluzione ha concluso la sua spinta propulsiva per integrarsi nelle maglie della società che ha avuto la capacità (purtroppo) di fagocitarla, masticarla ed espellerla come residuo innocuo di un processo durato oltre un secolo che ha, comunque, modificato il Mondo. Quanti morti? Nessuno formalmente anche se è ancora troppo presto per poter fare una vera ricognizione di ciò che è realmente accaduto. Sono ancora vive molte delle forze che ne hanno caratterizzato sia la vita che la morte del femminismo. Tuttavia, una cosa è certa: forse non ci sono stati morti ammazzati ma di certo l’uomo/maschio ne è uscito in modo squinternato, irriconoscibile; frantumato da una rivoluzione dei ruoli inaspettata e proprio perché inaspettata, violentissima.  E su questo fronte, di morti  in terra ne sono stati lasciati una quantità impressionante. Credo si possa dire che i “femminicidi” sono solamente la punta di un iceberg che deve ancora emergere.
  3. La dissoluzione dell’Unione Sovietica iniziata il 9 novembre 1989 con la caduta del muro di Berlino e terminata (si fa per dire) il 26 dicembre 1991 con la ratifica da parte del Politburo del dimissionario Presidente dell’URSS; ratifica che prese effetto a partire dal 1° gennaio 1992. Il tutto ad opera di Michail Sergeevič Gorbačëv più noto con il nome di Gorbaciov. Gli effetti principali sono stati, la nascita delle ex repubbliche socialiste sovietiche:

 

  • Armenia
  • Azerbaigian
  • Bielorussia
  • Estonia
  • Georgia
  • Kazakistan
  • Kirghizistan
  • Lettonia
  • Lituania
  • Moldavia
  • Russia
  • Tagikistan
  • Turkmenistan
  • Ucraina
  • Uzbekistan

A queste repubbliche, va tuttavia sommata quella che ai più, è sembrata una operazione quasi impossibile, ovvero l’unificazione delle due Germanie est ed ovest, rendendo la nuova Germania, l’asse portante dell’economia Europea, grazie all’erede diretto di Gorbaciov: Angela Merkel.  Per questa operazione, non risulta ci siano stati morti, almeno ufficialmente.

Ebbene, questa enorme rivoluzione viene, di fatto, scordata in Russia e derubricata ad una manovra quasi naturale delle vicende politiche internazionali nel resto del Mondo. Quasi nessun trentenne oggi, salvo quelli che ne hanno fatto oggetto di studio, conoscono quel periodo e ciò che ha significato per i Paesi coinvolti innanzitutto, per l’Europa principalmente e per il Mondo intero: si può fare la rivoluzione anche senza armi. Questo è l’insegnamento di Gorbaciov.

Sicuramente si è pagato un prezzo alto, altissimo forse. Ma non credo per causa di Gorbaciov, quando per le resistenze alle quali ha dovuto far fronte proprio all’interno della nomenclatura ex sovietica.  Come che sia, non sono uno storico e non azzardo nessun giudizio; tuttavia, un bellissimo articolo firmato da Valerio Pellizzari sul DOMANI di oggi, ne traccia un’immagine che andrebbe ricordata. Cito due aspetti di quell’articolo che, da soli, possono essere un saggio di storia.

“Gorbaciov dopo la sua elezione aveva deciso presto di lasciare Kabul. Un giorno al Cremlino aveva ricevuto il rappresentante del segretario generale Onu, l’Italiano Giandomenico Picco, che partendo da un foglio bianco cercava di approdare alla fine dell’invasione. Il nodo era decidere chi avrebbe governato il paese in futuro. I comunisti locali, i guerriglieri che avevano sconfitto l’armata rossa, o i nostalgici della monarchia? Gorbaciov disse: ‘Potete mettere anche l’imperatore, noi ce ne andiamo’. La frase decisiva restò sigillata nella stanza, tra pochissimi testimoni.”

Maggio 1989, visita di Gorbaciov in Cina. L’incontro doveva avvenire dentro il palazzo dell’Assemblea del popolo in piazza Tienanmen dove stava avvenendo una contestazione spontanea.

“Gorbaciov doveva solcare quella marea umana per arrivare all’appuntamento con Deng Xiaoping. Il suo nome veniva gridato sempre più forte, assieme a glasnost e perestroika. La folla continuava a crescere. Dal punto di vista ideologico era un contagioso ammutinamento di massa. Alla fine, ricorrendo ancora una volta alla risorsa cinese della ‘porta di dietro’, la macchina blindata di Gorbaciov verrà dirottata su una stretta striscia di asfalto utilizzata pe sistemare i bidoni della immondizia e l’ospite ingombrante e acclamato entrerà all’Assemblea del popolo dalla porta di servizio”.

Ecco fatto.  Ora, se vogliamo, possiamo archiviare Gorbaciov come uno dei tanti uomini che hanno attraversato la storia del Novecento. Fra qualche anno, invece, lo restituiremo alla reale dimensione di gigante del pensiero europeo pacifista.

Un saluto.

Zavoratti