Buongiorno,

il 22 ottobre 2017 in Veneto si è tenuto il referendum consultivo per il raggiungimento di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia al proprio ente territoriale. L’esito di quel referendum è noto: 2 328 947 elettori hanno detto SI e 43 938 elettori hanno detto NO, su un corpo elettorale di 4 019 628 come a dire che, ha votato il 57,9% degli elettori ed il 56,6 ha detto SI mentre l’1,1% ha detto NO.

Quel referendum aveva un solo scopo consultivo e tuttavia, il risultato positivo ottenuto ha imposto, il governatore ZAIA di discutere in sede di Consiglio dell’esito e di formulare una richiesta alla sede centrale del Governo.

In questo momento non ci interessano i termini procedurali che hanno visto contrapporsi Governo centrale e Governo locale, contrapposizione che, peraltro, il Governo centrale ha dovuto anche incartarsi almeno per una parte.

Quello che in questo momento ci interessa è capire ciò che è avvenuto in Veneto e che potrebbe avvenire in futuro anche in altre regioni.  Potrebbe essere una strada senza fine; basti pensare che In provincia di Belluno, in aggiunta al referendum regionale, nella stessa giornata si è tenuto altresì un referendum consultivo per una maggiore autonomia provinciale.

Innanzitutto occorre ricordare che il Veneto, molto intelligentemente, ha potuto fare il referendum consultivo, in virtù dell’art. 116 della Costituzione, riformato il 18 ottobre 2001:

“Il Friuli Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto Adige/Südtirol e la Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale.

La Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol è costituita dalle Province autonome di Trento e di Bolzano. Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell’articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all’organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principi di cui all’articolo 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata.”

Ma il raggiungimento di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, impongono una richiesta specifica in determinate materie; come a dire: “cara Regione, dimmi tu dove vuoi avere una maggiore autonomia?”; ancora una volta, la regione Veneto (e, forse, dovremmo tutti imparare) molto intelligentemente, ha posto un quesito, nella scheda elettorale, che non si prestasse ad alcuna ambiguità: “Vuoi che alla Regione Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia?”

In realtà le cose sono state molto più complicate di come le sto presentando io. Il Governo della regione Veneto ha lavorato affinché i quesiti da sottoporre alla popolazione fossero molti e con temi assai diversi tra loro.

  1. attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia alla regione;
  2. destinazione a beni e servizi regionali di almeno l’80% dei tributi pagati dai cittadini veneti all’amministrazione centrale;
  3. trattenimento da parte della regione di almeno l’80% delle tasse riscosse in Veneto;
  4. esenzione del gettito derivante dalle fonti di finanziamento regionale da vincoli di destinazione;
  5. trasformazione del Veneto in regione a statuto speciale

A questi quesiti la Regione Veneto pensò di aggiungerne uno, sempre consultivo, sull’indipendenza del Veneto.

Ovviamente la Corte Costituzionale si espresse e con sentenza n. 118 del 25 giugno 2015, ha dichiarato in primis l’illegittimità costituzionale del referendum consultivo sull’indipendenza di un’ipotetica Repubblica veneta dall’Italia, poiché le scelte fondamentali di livello costituzionale sono precluse ai referendum regionali e in quanto il quesito era in aperto contrasto col principio di unità e indivisibilità della Repubblica italiana.

La Corte ha poi annullato anche gli ultimi quattro dei cinque quesiti sull’autonomia regionale, essendo in conflitto col divieto (previsto anche dallo Statuto veneto) di sottoporre a referendum argomenti di materia tributaria (quesiti nn. 2, 3 e 4) e per violazione della competenza esclusiva del parlamento nazionale in merito all’individuazione delle regioni a statuto speciale (quesito n. 5).

Rimase, invece, il quesito n. 1 sull’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia regionale.

E quali saranno queste “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia regionale”?  Esse vengono stabilite dall’art. 117 della nostra Costituzione:

La potestà legislativa è esercitata dallo Stato [70 e segg.] e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché´ dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:

a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l’Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea;

b) immigrazione;

c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;

d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;

e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; armonizzazione dei bilanci pubblici; perequazione delle risorse finanziarie; 

f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo;

g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali;

h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale;

i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;

l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;

m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;

n) norme generali sull’istruzione;

o) previdenza sociale;

p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane;

q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;

r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale; opere dell’ingegno;

s) tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.

Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni; commercio con l’estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia; previdenza complementare e integrativa; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.  Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato. Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell’Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza. La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni. La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite. Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni. Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato.

E’ evidente a tutti, che le “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia regionale” per essere realizzate necessitano di finanziamento. Da dove verranno presi i fondi per finanziare queste forme di autonomia? La risposta non è difficile: Roma!

Bene; ora sappiamo che stiamo intraprendendo una strada che poterà ad avere certamente una maggiore autonomia regionale (cosa vuoi che ci importi degli altri?) ma altrettanto certamente otterremo una maggiore disparità di trattamento tra regione e regione (ma domani anche tra provincia e provincia e, perchè no? tra comune e comune) per ogni aspetto della vita: scuola, strade, sanità, etc.

A buon intenditor …

Un saluto

Zavoratti