Buongiorno a tutti,

da tempo sentiamo esprimere le persone colte, una nuova locuzione: “i nomadi digitali”.  Ma chi sono? Cosa fanno? Come vivono? E si tratta forse di un fenomeno culturale? Una moda? O che altro?

Non nascondo che sono molto incuriosito da loro.  Persino un po’ invidioso. Ma devo fare i conti con la realtà.  I riferimenti anagrafici e biologici mi dicono che sono fuori “target”.

I Nomadi digitali sono individui che sfruttano le tecnologie digitali per svolgere il loro lavoro e conducono il loro stile di vita in modo nomade. Generalmente lavorano in remoto da casa, da bar e caffetterie, da biblioteche pubbliche etc. svolgendo compiti e portando a termine obiettivi che si svolgevano tradizionalmente in un unico posto di lavoro fisso.”

Definizione tratta da Wikipedia, quello del nomade digitale è più di uno stile di vita, di un semplice desiderio di spostarsi nel mondo. Realizzazione personale, contaminazione con community internazionali e scoperta di sé sono elementi imprescindibili per chi compie questa scelta.

Navigando nel web, ho scoperto un interessante sito che mi piace riportare: www.nomadidigitali.it che consiglio, ad interessati e curiosi, di consultare perché i fondatori hanno redatto un “manifesto” di grande interesse ed una pagina di offerte di lavoro.  Ma c’è molto altro: ad esempio, il consiglio di utilizzare certi conti correnti più idonei ad uno stile di vita nomade. Ma credo, anche, che visitare il sito risponda molto meglio di quanto possa o riesca a fare io, alla domanda del titolo: “chi sono i nomadi digitali?”

Un nomade digitale è una persona più o meno giovane che ha fatto una scelta lavorativa precisa, basata principalmente sulla voglia di sperimentare, desiderio di libertà, autonomia e perché no, dal voler esprimere liberamente la propria creatività. Una persona che ha ridisegnato la propria vita in base a queste priorità. Sono individui che sfruttano la tecnologia e il web per portare a termine il loro lavoro, e conducono uno stile di vita nomade: che si tratti di lavorare da casa, piuttosto che in un paese straniero, ma anche da un luogo come la biblioteca o dalla spiaggia sotto al sole.

Demoliamo il luogo comune che il nomade digitale sia un “fancazzista”. Nella realtà è principalmente un freelance o un libero professionista – libero quindi da vincoli di orario – specializzato in un lavoro che nasce e muore con o nel web. Professioni come lo youtuber, l’influencer, il programmatore informatico, il web designer, l’esperto di web marketing, i consulenti SEO, ma anche il commercialista che lavora da casa, e coloro che svolgono un lavoro da remoto, rientrano nella categoria. L’elenco completo di tutte le professioni sarebbe troppo lungo da riportare integralmente quindi; è possibile chiudere il cerchio affermando che: sono considerati nomadi digitali, tutti coloro che esercitano una professione che, per esistere, necessita esclusivamente di un pc e di una connessione ad internet.

“Sono” o “faccio” il nomade digitale?  Qualunque sia la risposta giusta, posso tuttavia immaginare che non tutti siano in grado intraprendere questa strada; sono indispensabili alcuni prerequisiti:

  • La conoscenza di qualche lingua: inglese e spagnolo sopra tutti; ma credo che ora, anche qualche altra lingua possa/debba essere necessaria oltre che utile: cinese e arabo in modo particolare;
  • Dimestichezza con i linguaggi del web: non è più accettabile (forse non lo è mai stato) che si sappia solamente accendere e spegnere il PC; le sue funzioni sono quasi “infinite” e noi (meglio sarebbe dire “io”) ne conosciamo quanta parte?
  • Avere a disposizione una connessione internet veloce: strumento fondamentale per lavorare da qualunque luogo: in questo senso confidiamo nella transizione digitale.

L’assolvimento di questi requisiti impone un impegno non comune. Il raggiungimento anche solo dei prerequisiti dispone quelle persone allo studio, alla conoscenza. Si tratta, quindi, di persone con una intelligenza non sempre comune che hanno impegnato una buona parte della loro esistenza all’apprendimento. Altro che fancazzismo….

Il paradigma del lavoro futuro è in fase di trasformazione. Il vaso di pandora si è rotto e non sappiamo che cosa ne sia uscito. Una cosa è certa: le opportunità sono in attesa che vengano colte da qualcuno! Quel “qualcuno” è necessariamente un giovane!  Se ci riusciamo, proviamo a non tarpare le ali delle generazioni più giovani.  Dal canto mio, in termini strettamente anagrafici, mi auguro di poter avere il tempo necessario per vedere compiute alcune delle trasformazioni in atto.

Un saluto.

Zavoratti