Buongiorno a tutti,

innanzitutto penso sia legittima la sorpresa prima e lo domanda poi: “ma cosa centra l’identità di genere con il decreto infrastrutture? I diritti civili con le norme che regolano le infrastrutture in Italia?”  Abbiate pochi minuti di pazienza e cercherò di spiegarlo. Se poi, anche voi, resterete sorpresi quanto lo sono stato io, mi auguro che ci sia un moto di “repulsione” per come viene “manipolata” la politica da parte di certuni; e mi auguro altresì che ci possa essere una reazione per far comprendere quanto siamo stanchi di essere presi in giro e quanto “disprezziamo” un certo conformismo.  I fatti:

Tutti conoscono le ragioni per cui il ddl Zan è stato affossato al Senato, grazie al voto segreto.  I detrattori non accettavano la legge perché:

  1. proponeva l’identità di genere; locuzione non accettata da Lega, FdI, Forza Italia e Italia Viva
  2. introduceva la giornata contro l’omofobia, lesbofobia, transfobia, etc.
  3. impediva la libertà di espressione.

Mi concentro sull’identità di genere e riporto di seguito l’art. 1 di quello che fu il ddl ZAN:

Art. 1.

(Definizioni)

Ai fini della presente legge:

  1. per sesso si intende il sesso biologico o anagrafico;
  2. per genere si intende qualunque manifestazione esteriore di una persona che sia conforme o contrastante con le aspettative sociali connesse al sesso;
  3. per orientamento sessuale si intende l’attrazione sessuale o affettiva nei confronti di persone di sesso opposto, dello stesso sesso, o di entrambi i sessi;
  4. per identità di genere si intende l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione.

E ora passiamo all’ex decreto-legge 10 settembre 2021 n. 121.

Il decreto legge cosiddetto “infrastrutture” passa al Senato e diventa legge: LEGGE 9 novembre 2021, n. 156 con il titolo completo di: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 settembre 2021, n. 121, recante disposizioni urgenti in materia di investimenti e sicurezza delle infrastrutture, dei trasporti e della circolazione stradale, per la funzionalità del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, del Consiglio superiore dei lavori pubblici e dell’Agenzia nazionale per la sicurezza delle infrastrutture stradali e autostradali.

Per i soliti integralisti, allego il testo pubblicato ieri sulla G.U. N. 267 del 9 novembre 2021.

Questa volta la legge passa con un voto di fiducia: 190 voti favorevoli, 34 contrari e nessun astenuto.  Gli unici contrari i senatori di Fratelli d’Italia. Perché tanto scalpore?  Sembra una legge come le altre. Anzi. Ne avevamo assolutamente bisogno: occorreva mettere in ordine una serie di distorsioni in ordine a:

  • Interventi per la portualità e i trasporti marittimi
  • Interventi per il sistema stradale e autostradale
  • Interventi per la mobilità sostenibile
  • Modifiche al Codice della strada
  • Autotrasporto merci
  • Infrastrutture per le Olimpiadi di Milano-Cortina e altre infrastrutture

Niente di strano.  Se non fosse che, al momento di sanzionare le pubblicità stradali, fa capolino la definizione di “identità di genere” (proprio quella dell’ex ddl ZAN) e più precisamente:

all’art. 1 comma 4 è stato inserito il comma 4-bis che testualmente riporto:

“E’ vietata sulle strade s sui veicoli qualsiasi forma di pubblicità il cui contenuto proponga messaggi sessisti o violenti o stereotipi di genere offensivi o messaggi lesivi del rispetto delle libertà individuali, dei diritti civili e politici, del credo religioso o dell’appartenenza etnica oppure discriminatori con riferimento all’orientamento sessuale, all’identità di genere o alle abilità fisiche e psichiche.”

Ecco fatto. L’identità di genere entra a pieno titolo nel nostro ordinamento. Lo ha sancito la legge 159 del 9 novembre 2021 sulle infrastrutture.  E’ ammessa ogni tipo di ironia e sarcasmo.  Se è ammessa ed accettata l’enorme ipocrisia e ignoranza di tutti quei politici della Lega, di Forza Italia e, soprattutto, di Italia Viva che non hanno voluto sentir parlare di “identità di genere” nel ddl ZAN, ma l’hanno accettata nella legge sulle infrastrutture, allora è ammessa praticamente ogni forma di ironia, sarcasmo, giudizio acido, agro, beffardo, caustico, mordace, pungente, sardonico, sferzante, tagliente: ho finito gli aggettivi!

Ma paradossalmente, la cosa più ridicola, è proprio il caso di dirlo, non è nemmeno l’ipocrisia nell’accettazione della locuzione incriminata nello scambio di leggi, bensì nella genesi delle leggi stesse:

  • L’articolo 1 del ddl ZAN che riporta la definizione di “identità di genere” viene introdotta grazie ad una richiesta del ministro della famiglia Elena Bonetti (IV) e della responsabile giustizia del medesimo partito, Lucia Annibali.
  • Alla Camera passa.
  • Al Senato, invece no; grazie anche ai franchi tiratori presenti in Italia Viva per stessa ammissione di Renzi.
  • A poche settimane da quel voto cambio di rotta: in aula arriva il decreto-legge sulle infrastrutture che deve essere convertito in legge.
  • Italia Viva presenta un emendamento per introdurre il divieto di discriminazione nelle pubblicità sulle strade.
  • PD, Lega, FI, Leu e IV votano tutti a favore.
  • L’identità di genere entra nel nostro ordinamento giuridico.

Ma ricordo male (potrebbe essere vista l’età …) o l’identità di genere era il motivo per cui proprio Italia Viva (assieme a Lega e FI) ha fatto saltare il banco?

Perdonate l’imbarazzo con il quale chiudo questo articolo ma qui una sola cosa deve cambiare: l’etica della politica! E per farlo, una sola arma abbiamo:  il voto! Non usiamolo male!  Altrimenti ogni espressione di disagio, per quanto legittima,  ma ha il solo scopo di giustificare la nostra insipienza.

Un saluto.

Zavoratti.

 

https://www.lucioberno.it/wp-content/uploads/2021/11/Legge_09_11_2021_156.pdf