Buongiorno a tutti,

perdonate se affronto un tema a cui, quasi certamente, saranno interessati pochi, pochissimi, forse nessuno; e tuttavia, il tema in realtà si presta benissimo per affrontarne un’altro di ben altre proporzioni e sviluppi.  Uno di quei temi che giacciono sul tavolo dei nostri governanti da non meno di trent’anni e che ancora, purtroppo, nessuno ha voluto affrontare per risolvere.  Ma andiamo per gradi.

Il decreto legge 24 agosto 2021 n. 118 convertito (con modiche) nella legge 21 ottobre 2021 n. 147 (allegata in calce) ha istituto la “composizione negoziata” quale strumento per tentare di ricomporre una eventuale crisi d’impresa. Si tratta di uno strumento volontario e stragiudiziale.

Pur da inesperto mi viene da pensare che si tratti di un ottimo strumento a condizione, com’è naturale, che le persone incaricate di gestire la crisi di impresa, siano serie, preparate e competenti.  Il Ministero della Giustizia, tramite il Dipartimento per gli affari di giustizia, con circolare del 29 dicembre 2021, ha fornito le “linee di indirizzo agli Ordini professionali per l’attività di selezione delle domande per la formazione degli elenchi regionali degli esperti indipendenti nella composizione negoziata della crisi di impresa”.   Fin qui, nulla di strano o di particolare, fatta salva la sorpresa che a meno di due mesi dalla pubblicazione in G.U. della legge, il Ministero abbia già fornito le linee guida per la composizione degli elenchi.  Significa che si lavora.

Ma ovviamente non poteva essere questo l’elemento di sorpresa (o, meglio, non il solo). Leggendo con attenzione il testo della circolare, scopro un elemento (questo si sorprendente) di grande novità e rilievo.  Chi sono i professionisti che potranno svolgere adeguatamente questo delicatissimo ruolo? La circolare è inviata a:

  • Consiglio Nazionale forense
  • Consiglio Nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili

e, per conoscenza:

  • Al Consiglio Nazionale dei consulenti del lavoro
  • Unioncamere

Avvocati, dottori commercialisti e consulenti del lavoro devono tutti essere iscritti da almeno cinque anni ai rispettivi albi.

La Circolare declina “paletti” piuttosto stringenti per l’idoneità a svolgere questo ruolo; li declina per i dottori commercialisti, per gli esperti contabili, per gli avvocati, che devono fornire la prova di “… aver maturato precedenti esperienze nel campo della ristrutturazione aziendale e della crisi d’impresa” ma devono anche superare un test pratico di idoneità.

Ma allora dove sta la sorpresa?  Eccola.

Il capo c) della circolare ministeriale, così formula:
“… rientrano in una delle seguenti categorie:

  1. Avvocati e dottori commercialisti …
  2. Consulenti del lavoro
  3. “coloro che, pur non iscritti in albi professionali, documentano di avere svolto funzioni di amministrazione, direzione e controllo in imprese interessate da operazioni di ristrutturazione concluse con piani di risanamento attestati, accordi ri ristrutturazione dei debiti e concordati preventivi con continuità aziendale omologati, nei confronti delle quali non sia stata successivamente pronunciata sentenza dichiarativa di fallimento o sentenza di accertamento dello stato di insolvenza”.

Ecco la novità!  E’ stato introdotto il principio del superamento del valore legale del titolo di studio! Era ora! Non sono un avvocato; non sono un dottore commercialista; non sono un consulente del lavoro; mi sono laureato in “cucito e ricamo” ma per tutta la vita mi sono occupato di ristrutturazioni di imprese in crisi e lo posso dimostrare; a persone di questo tipo è stato fornito loro lo stesso valore giuridico di un “avvocato”, un “commercialista”, un “consulente del lavoro” se ed in quanto operino siano in grado di fornire la prova di operare o aver operato nel settore delle ristrutturazione di una impresa in crisi.

Il superamento del valore legale del titolo di studio è un tema o, meglio dire, una riforma che l’Italia attende da sempre e (forse) non si farà mai. Pur tuttavia è indispensabile, come dimostra il documento elaborato dal “servizio studi del Senato” nel lontano 2011 (lo trovate allegato per intero) ma che non ha prodotto alcun risultato pur auspicando, da parte del Parlamento intero, anche sulla scorta di analoghe iniziative europee di cui lo studio da conto, l’introduzione del superamento.

Si tratta di uno scoglio piuttosto difficile da superare. I benefici ottenibili con la riforma sarebbero comunque infinitamente superiori ai costi che, presumibilmente, si dovrebbero pagare.  In fondo si tratta di ripensare l’intero impianto scolastico.  Lo credo impossibile prima ancora che difficile.

Meglio la strada percorsa dal ministro Cartabia che ha superato l’ostacolo anche senza una legge specifica: chiunque dimostri di avere le capacità tecnico-giuridiche per affrontare e risolvere una crisi d’impresa, potrà essere inserito nelle liste degli “esperti indipendenti” sia con o senza laurea in giurisprudenza o economia e commercio. Con buona pace di avvocati e commercialisti (ricordo il caso di un avvocato che contestava pervicacemente l’utilità del superamento del valore legale del titolo di studio ritenendolo addirittura dannoso; a riprova della sua tesi esprimeva il timore che un giorno si sarebbe potuta trovare difronte ad un chirurgo senza laurea; il silenzio sarebbe stato di gran lunga più intelligente prima che dignitoso per gli stessi clienti di quell’avvocato).

Staremo a vedere se si tratta di una semplice rondine (che non fa primavera) o, invece, di un nuovo percorso intrapreso da chi ha il compito di guidarci.

Un saluto.

Zavoratti

https://www.lucioberno.it/wp-content/uploads/2022/01/MINISTERO-DELLA-GIUSTIZIA-NOTA-CIRCOLARE-N.-14851-DEL-30-DICEMBRE-2021-PDF.pdf

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