Buongiorno a tutti,

lo avrete letto, siamo messi male. Molto male. Oggi la stampa ha pubblicato i risultati dei test INVALSI (1). Una fetta enorme dei maturandi ha una conoscenza a livello di scuola media. E non sono solamente loro ad essere messi male: Repubblica, Corriere della Sera, La Stampa, etc.. leggeteli. Sono istruttivi e sconfortanti allo stesso tempo.

Ma torniamo ai giovani italiani maturandi. Il 44% non raggiunge un livello di conoscenza “minima” dell’Italiano (da Repubblica a pag. 18 a firma Corrado Zunino). Significa che 1 italiano su 2 (maturando) non ha nemmeno la sufficienza in italiano. E non si parla di cinquantenni, sessantenni, settantenni e oltre che, forse, non hanno avuto la possibilità di studiare durante e dopo la guerra.  Si parla di diciottenni che hanno fatto un percorso scolastico durato almeno tredici anni. E dopo 13 anni, non conoscono l’italiano “minimo”.  Quella conoscenza minima che serve a districarsi nella vita: dalla sottoscrizione di un contratto per l’energia, il gas, l’acqua, un abbonamento, un mutuo, un conto corrente postale o bancario; ma anche a comprendere un articolo di giornale (che, detto fra noi, non si legge).

Cosa può essere accaduto?  La pandemia.  Forse si! Anzi.  Certamente la pandemia ha fatto emergere un problema; meglio dire: il problema numero 1 che abbiamo in Italia.  Il problema di intere generazioni che, da un lato sono destinate ad ampliare le fila dei lavoratori con poche o senza tutele (niente di male quando il lavoro è dignitoso e ti permette di vivere) e, dall’altro, cosa assai più grave,  quelle stesse persone affronteranno la vita senza aver acquisito la capacità di “comprenderne” la complessità; e quando una persona non comprende allora non può scegliere! O forse può scegliere, ma in ragione di ciò che avrà compreso!  Qualche giorno fa Umberto Galimberti nel rispondere alla lettera di un lettore di D (il supplemento di Repubblica) forniva questi dati: “… nel 1976 un sondaggio aveva stabilito che un ginnasiale conosceva 1.600 parole. Ripetuto vent’anni dopo, il sondaggio constatava che un ginnasiale ne conosceva 640. Oggi, (continua Galimberti) penso che ne conosca 300 o giù di li …” e conclude “La povertà del linguaggio denota la povertà del pensiero, perché il linguaggio, come giustamente osserva Heidegger, non è uno strumento per esprimere i nostri pensieri, dal momento che noi non possiamo pensare qualcosa se non disponiamo della parola corrispondente. Noi possiamo pensare limitatamente alle parole che possediamo. E se ne possediamo poche, pensiamo poco.”

Siamo in presenza di un ritardo educativo che è molto più di un allarme.  Le stesse persone che oggi proclamano con sicumera il dovere di rientrare a scuola a settembre cascasse il mondo, sono le stesse persone che hanno prodotto tagli all’istruzione per oltre 8 miliardi di euro (ottomiliardi).   Ma dove pensiamo di andare in questo modo?

L’analfabetismo funzionale che colpisce i giovani (e non solo) ha numeri che dovrebbero spaventare prima di tutti Governo e Parlamento: oltre il 50% dei giovani. Soluzioni? Al momento poche e anche confuse!

Eppure, è dal 2012 che giace nei cassetti del Senato l’unica vera riforma che porterebbe un cambiamento strutturale a tutto l’ordine scolastico: l’abrogazione del valore legale della laurea.

C’è ancora qualcuno contrario (in realtà sono moltissimi) perché sono convinti (e lo sono pervicacemente) che se dovesse passare questa riforma, potremmo trovarci ad essere operati da un chirurgo non laureato, oppure difesi da un professionista senza laurea in giurisprudenza, e via dicendo.

Allora forse è utile leggere il DOCUMENTO CONCLUSIVO, APPROVATO DALLA COMMISSIONE, DELL’INDAGINE CONOSCITIVA SUGLI EFFETTI CONNESSI ALL’EVENTUALE ABOLIZIONE DEL VALORE LEGALE DEL DIPLOMA DI LAUREA pubblicato nel 2012 dal Senato della Repubblica il cui link trovate in calce.  Si tratta di una cinquantina di pagine. E’ vero: sono tante! Ma uno sforzo lo dobbiamo fare se vogliamo salvare intere generazioni di giovani e, in altre termini, il nostro futuro. Se vogliamo capire qualcosa per poi poter decidere con estrema serenità i cambiamenti da apportare, allora si tratta di una lettura non più procrastinabile.  Non solo.  Per tutti coloro che possono avere una qualche influenza anche di natura politica, la lettura potrebbe essere di stimolo per un dibattito nelle sedi più idonee, ovvero le sedi di partito. Qualunque partito. L’approvazione di questa riforma costringerebbe un cambiamento di tutte le scuole di ogni ordine e grado.  Ci sono precedenti illustri su questo tema: Stati Uniti d’America e Regno Unito.

L’alternativa, è quella di lasciare le cose come stanno ed accettare che 1 italiano su due non sia in grado di comprendere un ragionamento articolato ne di parlare in italiano. Auguri!

 

Un saluto.

Zavoratti

  • INVALSI: l’ente di ricerca soggetto alla vigilanza del ministero dell’Istruzione che verifica le conoscenze degli studenti e la qualità dell’offerta delle scuole; gestisce il Sistema nazionale di valutazione; predispone la prova scritta nazionale che verifica i livelli di apprendimento nell’esame di Stato al terzo anno della scuola secondaria di primo grado e valuta quelli degli studenti alla fine delle superiori con criteri simili a quelli applicati a livello internazionale.

https://www.lucioberno.it/wp-content/uploads/2021/07/TESTO-SENATO-17-n14_279984.pdf