Buongiorno a tutti,

La lettura del quotidiano della domenica è un rito affatto diverso da quello di tutti gli altri giorni. Sarà perché scorri le pagine del quotidiano senza l’assillo che, una volta terminato, devi iniziare a lavorare. O forse perché, ti soffermi sugli articoli che interessano, sorseggiando un caffè in santa pace.  O ancora, perchè ti concedi di leggere il quotidiano quasi per intero invece che i soli articoli della urgenza quotidiana. Non so bene perché questo accada, ma la domenica, le cose stanno così … e non sento l’interesse a cambiarle.

Domenica scorsa, infatti, arrivo a pagina 37 di Repubblica, e vengo colpito da una immagine di una signora sorridente non propriamente giovanissima e dai tratti somatici che immediatamente ti fanno pensare si tratti di una persona proveniente da un altro Paese; forse neppure europeo; azzarderei provenire dagli Stati Uniti.  La sorridente signora tiene in mano il calco di un cervello. Deve essere una studiosa. Leggo la sua biografia. Rimango un po’ stordito: la signora in foto ha 74 anni ed ha un cursus honorum di tutto rispetto. L’argomento trattato completa il mio interesse per la signora e non distolgo la mia attenzione fino al termine dell’articolo che, peraltro, rileggo più volte.

Un’altra curiosità: il giorno del suo compleanno (ieri l’altro, 25 ottobre) la dott.ssa Maryanne Wolf, in occasione del centenario dell’università CATTOLICA inaugurava una serie di conferenze con una lectio sulla capacità di apprendimento nell’era digitale.

Ora il quadro è completo; l’argomento, attualissimo: come facciamo ad apprendere qualcosa se veniamo sommersi, senza interruzione, da una quantità di informazioni, vere o false che esse siano? Il tema è reso ancora più interessante dalla sagacia della dott.ssa Maryanne Wolf che ci mette alla prova con un piccolo esercizio.  Cita un famosissimo testo di Italo Calvino riportandone alcuni brevi passaggi che si adattano come pochi altri ai tempi che stiamo vivendo; quasi che Calvino fosse assunto a ruolo di oracolo e divinasse con le sue “Lezioni americane”:

 “Alle volte mi sembra che un’epidemia pestilenziale abbia colpito l’umanità nella facoltà che più la caratterizza, cioè l’uso della parola, una peste del linguaggio che si manifesta come perdita di forza conoscitiva (…) che tende a livellare l’espressione sulle formule più generiche, anonime (…), a spegnere ogni scintilla che sprizzi dallo scontro delle parole con nuove circostanze.”

Al termine della citazione la Wolf provoca il lettore e chiede:

“Fatevi una domanda. Vi siete limitati a scorrere questo bellissimo brano, cogliendone il senso, ma grattando a malapena la superficie dei pensieri che Calvino ha sperato di trasmettere in ogni parola attentamente scelta?”

La risposta, seppure a denti stretti, nella stragrande maggioranza dei casi è un si!    E allora, la Wolf non paga di averci messo in difficoltà cogliendoci impreparati, fornisce anche l’esegesi non del testo di Calvino ma del processo mentale che abbiamo messo in atto durante la lettura e ci informa:

“Se è così, avete appena fatto esperienza di una realtà che oggi affligge molti lettori. In un mondo inondato di informazioni, la nostra modalità di lettura di default consiste nello scorrere, sorvolare e andare direttamente al nocciolo di ciò che abbiamo letto, solitamente su uno schermo onnipresente”.

Non si limita a questo, che già sarebbe sufficiente; diventa anche un po’ perfida e va oltre; completa la sua interpretazione:

E forse capita anche peggio, data la raffica di informazioni disponibili: tendiamo a ritirarci verso le fonti di informazione più familiari, in cui ciò che già pensiamo è ‘confermato’ da prospettive simili, rendendoci vulnerabili alle fake news e alla demagogia in tutte le sue note forme.”

Basterebbe quanto fin qui riportato per capire che la “tecnologia” potrebbe avere compromesso in molti di noi definitivamente, la capacità di analisi e riflessione. E infatti, la neuroscienziata ci ammonisce:

“Ciò che scompare (ndr: attraverso la lettura scorrevole di cui sopra) è quella ‘cosa’ a cui mi riferisco con l’espressione processi di ‘lettura profonda’. Sono i processi cognitivi e affettivi sofisticati, che richiedono più tempo al nostro cervello, anche se solo per la durata di millisecondi. Questi processi implicano una qualità di attenzione nella lettura tale da permetterci di dedurre (e apprezzare) i significati che stanno sotto la superficie delle parole, di comprendere diverse prospettive, di scivolare nelle vite e nelle emozioni altrui, di analizzare il testo così da discernere la verità di ciò che leggiamo, e in certe occasioni di scoprire intuizioni nostre. I processi di lettura profonda ci permettono, quindi, di immergerci in quello che leggiamo e, secondo le memorabili parole di Proust, di ‘andare oltre la saggezza dell’autore per scoprire la nostra’”.

Parole straordinarie che tuttavia evidenziano la frattura se non addirittura la lacerazione che la tecnologia ha prodotto nella nostra mente. Frattura e lacerazione che hanno bisogno di essere riparate.  Maryanne Wolf di certo non esagera nell’avvertirci dei rischi che corriamo; basterebbero le recenti contestazioni sul green pass o sul vaccino per capire che qualcosa è accaduto e che le sue tesi si sono già manifestate nella realtà.

Ha ancora senso, quindi, parlare di sviluppo della tecnologia? o non è forse necessario ripensare radicalmente quale uso farne? Domande epocali che non possono trovare alcuna risposta da un singolo ma che, sperabilmente, possono sollecitare le riflessioni di molti.

Un saluto.

Zavoratti

 

Maryanne Wolf è nata il 25 ottobre 1947 a South Bend, Indiana (Stati Uniti d’America). Ha conseguito la laurea in letteratura inglese al St. Mary’s College, Notre Dame (1969); il master alla Northwestern University (1970) e il dottorato di ricerca alla Harvard University (1979), nel Dipartimento Human Development and Psycology in the Graduate School of Education. Ha insegnato alla Tufts University di Boston. Studiosa della lettura, e in particolare della dislessia, insegna alla University of California di Los Angeles (Ucla). È Presidential fellow della Chapman University e Membro del Board del Center for Advanced Study in the Behavioral Sciences, dell’Università di Stanford. Nel 2020 papa Francesco l’ha nominata membro ordinario della Pontificia Accademia delle Scienze. Con Vita e Pensiero, la University Press dell’Università Cattolica, ha pubblicato nel 2009 Proust e il calamaro. Storia e scienza del cervello che legge, ormai un classico internazionale, e nel 2018 Lettore, vieni a casa. Il cervello che legge in un mondo digitale.