Buongiorno,
di cosa parliamo quando si parla di “turismo esperienziale”? Di un turismo con il quale la stragrande maggioranza dei vacanzieri non ha alcuna dimestichezza e che, forse, non ne conosce neppure l’esistenza. Anche se, e di questo, invece, ne sono certo, le persone (tutte) preferiscono una esperienza che li renda felici in luogo di un acquisto, anche costoso, di un bene materiale.
Tutti si aspettano da un viaggio (il più delle volte si confonde “viaggio” con “vacanza”) la possibilità di creare ricordi duraturi. A quale scopo? La risposta viene fornita da Thomas Gilovich, docente alla Cornell University di Ithaca NY, attraverso la sua ricerca “A wonderful life” realizzata ponendo una semplice domanda ad un campione di suoi studenti: “vi rende più felici un acquisto materiale o una bella esperienza”? Secondo questo studio, Gilovich rileva che (la ricerca è allegata in calce, anche se in inglese):
Vivere nel mondo sviluppato è vivere in una società consumistica. Sebbene le forze più ampie che hanno creato questa società abbiano portato a un’abbondanza materiale senza precedenti, gli studiosi hanno affermato che questi benefici hanno comportato un costo psicologico significativo. Una domanda importante, quindi, è come ridurre al minimo questi costi psicologici. … le persone traggono più soddisfazione dagli acquisti esperienziali rispetto agli acquisti materiali. …. Questa ricerca indica che gli acquisti esperienziali forniscono maggiore soddisfazione e felicità perché:
(1) gli acquisti esperienziali migliorano le relazioni sociali più prontamente ed efficacemente dei beni materiali;
(2) Gli acquisti esperienziali costituiscono una parte più importante dell’identità di una persona; e
(3) gli acquisti esperienziali sono valutati più alle proprie condizioni ed evocano meno confronti sociali rispetto agli acquisti materiali.
Se quanto appreso da Gilovich è vero allora, forse, è opportuno chiedersi come la politica sociale potrebbe essere modificata per sviluppare investimenti che favoriscano proprio questo tipo di esperienza che produce, come riporta Gilovich, un miglioramento complessivo della società.
Provo ad accettare l’assunto emerso dalla ricerca di Gilovich e misurare il mio vissuto con la lente del “turismo esperienziale”. Mi accorgo che, sebbene mi annoveri tra i viaggiatori in luogo di vacanziere, su questo tema la mia esperienza è essai modesta ma radicata. E’ iniziata nel periodo adolescenziale: le vacanze dalla nonna in Molise dove partecipavo alla vita quotidiana di zii, parenti più o meno reali, vicini di casa; con loro andavo in campagna ed condividevo l’esperienza del contadino; durante la preparazione delle feste locali mi capitava di partecipare alla loro preparazione lunga e a volte rocambolesca. Quei ricordi non sono mai scomparsi e, anzi, hanno contribuito alla mia crescita compreso (forse, soprattutto) il piacere di entrare in relazione con gli altri. Senza quelle esperienza, ho motivo di ritenere che avrei avuto molta più difficoltà nell’avvicinare persone sconosciute; difficoltà che oggi non ho affatto e che ha dato i suoi frutti oltre che nei rapporti personali anche in quelli professionali.
In tempi più recenti, invece, la scoperta di far convivere la montagna con la musica. Ricordo una lunga camminata per raggiungere un altipiano in Trentino e poi ascoltare la Kocani Orkestar in musiche funebri e matrimoniali. Indimenticabile.
Questo tipo di turismo pare possa avere, entro il 2030, un considerevole aumento fino al 57% secondo stime dell’Organizzazione Mondiale del Turismo delle Nazioni Unite.
Navigando sul web già si possono rintracciare diverse offerte di questa natura anche se, dal punto di vista economico, non tutte disponibili per chiunque.
Tuttavia, mi auguro che l’aumento consistente della domanda possa sviluppare la fantasia dei più ed offrire diverse soluzioni praticabili più o meno, per ogni tasca. Qualche idea, su questo argomento ce l’avrei ….
Si starà a vedere.
Un saluto.
Zavoratti
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