Buongiorno a tutti,

si sente spesso usare i termini “sentenza”, “ordinanza” “decreto” in occasione di pronunciamenti da parte del giudice senza, tuttavia, conoscerne le differenze. Provo a fornire qualche indicazione per sbrogliare la matassa dei termini giuridici.

Per farlo, però, mi faccio aiutare da quanto riportato sul tema nel sito on line dello Studio Cataldi.

Innanzitutto occorre prendere a prestito il Codice di procedura civile che, in base all’art. 131 prescrivere in quali casi il giudice pronuncia, appunto, una sentenza, l’ordinanza oppure il decreto

Nell’ambito di una causa, il giudice formalizza le sue decisioni attraverso i tre strumenti che la legge mette a sua disposizione.

In linea generale, la sentenza è il provvedimento che ha contenuto decisorio, mentre l’ordinanza e il decreto hanno contenuto istruttorio o ordinatorio.

Di regola, è la legge a prescrivere quale atto debba essere adottato dal giudice nelle varie fasi e circostanze del giudizio.

In mancanza di previsione legislativa, il giudice è tenuto ad adottare la forma maggiormente idonea al raggiungimento dello scopo.

Se il giudice adotta un tipo di atto diverso da quello prescritto dalla legge, o se ne è dubbia la sua qualificazione, la giurisprudenza è pressoché univoca nel ritenere che il contenuto dell’atto debba avere maggiore rilevanza rispetto alla sua forma.

La precisazione rileva, in particolare, in tema di impugnabilità dell’atto. Si pensi, ad esempio, ad un’ordinanza che abbia contenuto sostanzialmente decisorio: essa sarà impugnabile alla stregua di una sentenza.

Infatti, come rileva sul tema la Corte di Cassazione, “per stabilire se un provvedimento ha carattere di sentenza o di ordinanza, è necessario avere riguardo non alla sua forma esteriore o alla denominazione adottata, bensì al suo contenuto e, conseguentemente, all’effetto giuridico che esso è destinato a produrre, sicché hanno natura di sentenze – soggette agli ordinari mezzi di impugnazione e suscettibili, in mancanza, di passare in giudicato – i provvedimenti che, ai sensi dell’art. 279 cod. proc. civ., contengono una statuizione di natura decisoria (…) anche quando non definiscono il giudizio” (Cass. civ., sez. II, n. 2712/14).

Quale contenuto nei vari provvedimenti?

Con riguardo alla sentenza il c.p.c. prevede che essa debba essere pronunciata in nome del popolo italiano e contenere:

  • l’indicazione del giudice, delle parti e dei loro difensori;
  • le conclusioni delle parti e, se intervenuto, del pubblico ministero;
  • l’esposizione delle motivazioni della decisione;
  • il dispositivo, la data e la sottoscrizione del giudice.

La sentenza viene successivamente depositata in cancelleria: tale adempimento ne integra la pubblicazione (art. 133 c.p.c.).

A norma dell’art. 134 c.p.c., invece, l’ordinanza è succintamente motivata e può essere pronunciata in udienza o fuori udienza. In quest’ultimo caso, essa viene, di regola, comunicata alle parti.

Il decreto, infine, può essere pronunciato d’ufficio o su istanza di parte (art. 135 c.p.c., primo comma).

La principale differenza tra ordinanza e decreto risiede nel fatto che il secondo non viene reso a seguito di contraddittorio.

Nella speranza di non avervi confuso le idee, invio un saluto.

Zavoratti.